martedì 22 dicembre 2015

Epifania


Foto di T. Cosco

La "pecorella" al pascolo di Archiaro è la migliore risposta al post precedente, quello della rana bollita di Chomsky.

Archiaro | Topolò | zone temporaneamente autonome | utopie temporaneamente realizzate | luoghi immaginari e reali | all'interno del km | la luce dei luoghi | la magia dell'umano | Don Chisciotte | anime perse e ritrovate | romantici inguaribili e nostalgici viandanti inquieti | lunatici che si aggirano tra calanchi | eroi sconfitti ma gloriosi e con un respiro particolare che deriva dal sogno | the dreamers | resurrezione e macerie | musica discreta | la cantante del tunnel e la voce di Cristina | il cinema di Bela Tarr | le musiche del cinema di Bela Tarr | il sorriso di Urkuma e lo sguardo di Barbara | la terra del rimorso | andare per paesi | l'appennino | fili di fumo che escono dai camini tracciano rotte sinuose verso il cielo | figure umane e animali si trasformano in apparizioni surreali tra nuvole e neve | stanche di aspettare le nuvole si danno il cambio disegnando scene prive di quinte, sopravvivono al banale e al superficiale attraverso la distanza che mettono tra esse e gli umani | cielo e terra sono separati solo dall'occhio che li guarda ma non nel panorama generale dell'universo | rotte inusuali senza sconfinamenti | pozzanghere semighiacciate in cui specchiarsi | le consolanti presenze degli avi | il passo del ritorno | l'Ulisse dimenticato | le carezze della risacca | arcipelago | le mani di mia madre | uno difficile | il figlio di Dio con nel DNA il DNA di tutti gli uomini | legami invisibili | quello che non ti dirò | le besoin de pleurer s'empara de moi si fortement, que mes yeux laissèrent tomber une larme | the disintegration loop | satellite in viaggio nel tempo alle prese con storie dolenti | punti di luce | corpi digitali | città verticali | apolide | snowbirds | uccelli di neve che percorrono miglia di amore | visionari alle prese con inquisitori benedettini | autodafè | ecco l'agnello di Dio che toglie i peccati dal mondo | sono quello che sono il resto è superfluo | today is too late | anonimi | carbonari militanti | underground | fuggitivi dubbiosi | ricercatori | scopritori di tracce | viaggiatori silenziosi | sommozzatori | licantropi | poesie in una stanza | possibile amore amore sospeso | surplus d'amore | privo di una tregua sognante per decifrare i miei desideri, ho ascoltato le voci di chi è morto, compiacendomi dei miei sogni ad occhi aperti in una sorta di sospensione dal tempo | guida malinconica | posso fare quello che voglio se non ricordo chi sono? | sentimus experimusque nos eterno esse | enigma | inganno l'attesa | l'inatteso | aspettare il risveglio nello stupore dell'alba | ibrido come il centauro, figura che si fa ombra, forte della sua debolezza si fa coinvolgere da istanze che alla fine risultano laceranti soprattutto per se stesso | Prometeo liberato |

Come un luogo dell’immaginario intende ridefinire confini spaziali e ideologici in una dimensione dove si proietta una diversa idea di futuro, compresi.






venerdì 6 novembre 2015

La rana bollita di Noam Chomsky


Immaginate un pentolone pieno d’acqua fredda nel quale nuota tranquillamente una rana.
Il fuoco è acceso sotto la pentola, l’acqua si riscalda pian piano. Presto diventa tiepida. La rana la trova piuttosto gradevole e continua a nuotare.
La temperatura sale. Adesso l’acqua è calda. Un po’ più di quanto la rana non apprezzi. Si stanca un po’, tuttavia non si spaventa.
L’acqua adesso è davvero troppo calda. La rana la trova molto sgradevole, ma si è indebolita, non ha la forza di reagire. Allora sopporta e non fa nulla. Intanto la temperatura sale ancora, fino al momento in cui la rana finisce – semplicemente – morta bollita.
Se la stessa rana fosse stata immersa direttamente nell’acqua a 50° avrebbe dato un forte colpo di zampa, sarebbe balzata subito fuori dal pentolone.
Questa esperienza mostra che – quando un cambiamento si effettua in maniera sufficientemente lentasfugge alla coscienza e non suscita – per la maggior parte del tempo – nessuna reazione, nessuna opposizione, nessuna rivolta.
Se guardiamo ciò che succede nella nostra società da alcuni decenni, ci accorgiamo che stiamo subendo una lenta deriva alla quale ci abituiamo. Un sacco di cose, che ci avrebbero fatto orrore 20, 30 o 40 anni fa, a poco a poco sono diventate banali, edulcorate e – oggi – ci disturbano solo leggermente o lasciano decisamente indifferenti la gran parte delle persone. In nome del progresso e della scienza, i peggiori attentati alle libertà individuali, alla dignità della persona, all’integrità della natura, alla bellezza ed alla felicità di vivere, si effettuano lentamente ed inesorabilmente con la complicità costante delle vittime, ignoranti o sprovvedute.
I foschi presagi annunciati per il futuro, anziché suscitare delle reazioni e delle misure preventive, non fanno altro che preparare psicologicamente il popolo ad accettare le condizioni di vita decadenti, perfino drammatiche.
Il permanente ingozzamento di informazioni da parte dei media satura i cervelli che non riescono più a discernere, a pensare con la loro testa.







venerdì 23 ottobre 2015

Il senso ritrovato



Foto di Tommaso Cosco

Dell’avvertire ciò che può avere un senso ed un significato come un raccontare in modo adeguato e conveniente l’ambiguità della realtà.




martedì 22 settembre 2015

DP | N | P : Benthic






"Il benthos (o bentos, dal greco βένϑος "abisso") è la categoria ecologica che comprende gli organismi acquatici, sia d'acqua dolce sia marini, che vivono in stretto contatto con il fondo o fissati ad un substrato solido". Wikipedia
BENTHOS (dal gr. βένϑος "abisso"). - È il complesso di quegli organismi acquatici, animali e vegetali, che durante un periodo continuato e importante della loro vita, si mantengono in relazione col fondo. A seconda che gli animali bentonici sono attaccati al fondo (spugne, coralli, briozoi, ecc.) oppure strisciano (molluschi, nemertini, ecc.) oppure camminano (crostacei) oppure nuotano (alcuni pesci), si suole parlare di benthos sessile, strisciante, ambulante, natante. Lo stato di aggregazione del fondo e il substrato vegetale hanno la massima importanza nel determinare il carattere delle associazioni animali bentoniche, ma esercitano anche molta influenza la luce, la temperatura, le caratteristiche chimiche e fisiche, il movimento delle acque (v. plancton; abissale, fauna). Treccani

Si respira un'aria inafferrabile in questo primo lavoro di Stefano De Ponti, Vincenzo Nazzaro e Cristina Pullano. Ascoltandolo mi è venuta in mente una frase di Paul Virilio, qundo dice che ormai, definita l'estensione del mondo, non ci resta che esplorare l'animo umano, guardare dentro di sè, nell'abisso che ognuno si porta dentro ed esplorarlo. La frase del Woyzeck di Buckner posta come presentazione va in questa direzione.
Benthic è il risultato di due anni di lavoro a distanza attraverso lo scambio ed il confronto, dove i tre musicisti hanno interagito liberamente tra di loro con suggerimenti e proposte. E' uno scenario nuovo e sorprendente poichè il lavoro sembra scaturire da un gruppo di persone che lavora spesso insieme per quanto è coeso e ben strutturato negli arrangiamenti. L'architettuta sonora di De Ponti e Nazzaro é solida e pulsante e sostiene la voce di Cristina Pullano permettendole di ricamare melodie ed evocare canti arcaici. I suoni sono flussi densi come correnti marine ed onde che si inarcano spazzate dal vento per poi rincorrersi come in una danza nell'eterno gioco amoroso dei sensi. Derive ed approdi nello scrigno di suoni che i due hanno saputo creare.
Contrappunto è il viaggio di Ulisse legato all'albero maestro della sua nave che ascolta la voce delle sirene. Nell'antica Grecia il mare era visto come necessario se pur pericoloso, qui il mare si fa calmo e quieto. Le delicate note del pianoforte di Eleonora Pellegrini si propagano dalle profondità quasi in apnea per risuonare libere in superficie.
Melusine+The life in the Deepest Sea è il canto della ninfa e delle creature che popolano le profondità del mare e delle acque. Le quattro tracce che compongono Benthic ci avvolgono come un liquido amniotico restituendoci una gioia dimenticata.

E' uno oscuro scrutare giù nell'orrido senza timore.
La bellezza di questo lavoro cresce con l'ascolto, è un lavoro importante fatto da tre giovani musicisti italiani e merita lo spazio giusto nel panorama indipendente nazionale per l'estetica del linguaggio e la grande forza espressiva.


martedì 1 settembre 2015

La Luna e i Calanchi




Con colpevole ritardo parliamo de " La Luna e i Calanchi ", la Festa della Paesologia che si è tenuta dal 22 al 27 agosto 2015 ad Aliano, MT, sotto la direzione artistica di Franco Arminio, poeta, scrittore e soprattutto paesologo.
“La paesologia è una via di mezzo tra l’etnologia e la poesia. Non è una scienza umana, è una scienza arresa, utile a restare inermi, immaturi. La paesologia non è altro che il passare del mio corpo nel paesaggio e il passare del paesaggio nel mio corpo. È una disciplina fondata sulla terra e sulla carne. È semplicemente la scrittura che viene dopo aver bagnato il corpo nella luce di un luogo.” Così Franco Arminio nel suo libro Terracarne descrive la paesologia.


La luna e i calanchi è un festival che vuole raccogliere intorno a un paese e un luogo preciso il meglio delle tensioni civili e artistiche che si stanno sprigionando nel mediterraneo interiore, con particolare attenzione ovviamente a quello che accade in Lucania e nelle regioni vicine. Il paese raccontato da Carlo Levi come simbolo di un sud che costruisce nuove storie legate a un nuovo rapporto coi paesi e il paesaggio.
Il festival è una sorta di adozione collettiva di un paese e di un paesaggio nello spirito della paesologia. Fotografi, scrittori, pittori, registi, musicisti verranno a lavorare ad Aliano e lasceranno la traccia del loro passaggio nel paese.

 
La luna e i calanchi non è un festival in cui delle persone vengono a esibire la loro arte, nella logica del consumo culturale fine a se stesso. Ad Aliano si viene per costruire una nuova comunità intellettuale che parli non solo alla Lucania e al Sud, ma all’Italia intera e all’Europa, una comunità che intreccia varie arti tra di loro e poi le intreccia al paesaggio e a chi lo abita.
E’ il tentativo di coniugare arte e ambiente in un connubio non asservito alle logiche del puro consumo culturale. L’idea è che le persone del paese e gli artisti invitati e i visitatori del festival costituiscano una comunità provvisoria capace di infondere fiducia nella vita dei piccoli paesi.


" Nel paese descritto da Carlo Levi nel suo Cristo si è fermato a Eboli si radunano lietezze operose e inoperose, affanni, tremori, tentativi di seminare qualcosa nella miseria spirituale dilagante. Aliano è lontana, non arrivano masse distratte, ma casi singoli, anime spaiate, gente che non appartiene al consorzio dei furbi e degli ingordi. Aliano è un’isola, un altrove dentro l’Italia, un luogo in cui anche la desolazione diventa beatitudine: è l’eros dell’orlo, l’oreficeria del vuoto.
Il paesaggio inoperoso dei calanchi, una volta considerato emblema del disagio, oggi diventa lirico, solenne. Ciò che stava dietro si fa avanti. Il margine diventa fecondo. La festa della paesologia contiene l’idea che nei luoghi dell’Italia interna può nascere qualche germoglio di una nuova civiltà che ci piace chiamare umanesimo delle montagne.
Crediamo che la poesia e le arti in generale possano avere un ruolo importante di riattivazione comunitaria. La festa della paesologia intreccia ardori intimi e passioni civiche. Non è un festival del cinema, della letteratura, della musica, ma una comunità provvisoria che intreccia gli abitanti del paese, le persone invitate e i visitatori. Per sei giorni e sei notti si legge, si canta, si suona, si discute in un cantiere che è una serena obiezione all’autismo corale.


Il futuro è in chi crede alla terra e alla sua sacralità, non in chi pensa solo a saccheggiarla. Il futuro è chi non guarda il Sud con la vecchia lente sviluppista, ma in chi lavora con scrupolo e utopia, in chi tiene assieme il computer e il pero selvatico.
La festa della paesologia non propone un divertimento estivo, ma una nuova militanza, poetica e politica. Chi viene ad Aliano sceglie una visione". Dal comunicato stampa.


La Luna e i Calanchi si inserisce nel solco tracciato da Antonio Neiwiller con il suo Teatro Clandestino, insieme ad altre realtà come Stazione di Topolò_Postaja Topolove e Archiaro.




lunedì 24 agosto 2015

Il Teatro Clandestino di Antonio Neiwiller




Per un Teatro Clandestino di Antonio Neiwiller dedicato a T. Kantor - maggio 1993

È tempo di mettersi in ascolto.
È tempo di fare silenzio dentro di se.
È tempo di essere mobili e leggeri,
di alleggerirsi per mettersi in cammino.
È tempo di convivere con le macerie
E l’orrore, per trovare un senso.
Tra non molto, anche i mediocri lo
diranno.
Ma io non parlo di strade più impervie,
di impegni più rischiosi,
di atti meditati in solitudine.
L’unica morale possibile
È quella che puoi trovare,
giorno per giorno, nel tuo luogo
aperto-appartato.
Che senso ha se solo tu ti salvi.
Bisogna poter contemplare,
ma essere anche in viaggio.
Bisogna essere attenti,
mobili, spregiudicati e ispirati.
Un nomadismo,
una condizione, un’avventura,
un processo di liberazione,
una fatica, un dolore,
per comunicare tra le macerie.
Bisogna usare tutti i mezzi disponibili,
per trovare la morale profonda
della propria arte.
Luoghi visibili
E luoghi invisibili,
luoghi reali
e luoghi immaginari
popoleranno il nostro cammino.
Ma la merce è la merce,
e la sua legge sarà
sempre pronta a cancellare
il lavoro di
chi ha trovato radici e
guarda lontano.
Il passato e il futuro
non esistono nell’eterno presente
del consumo.
Questo è uno degli orrori,
con il quale da tempo conviviamo
e al quale non abbiamo ancora
dato una risposta adeguata.
Bisogna liberarsi dell’oppressione
E riconciliarsi con il mistero.
Due sono le strade da percorrere,
due sono le forze da far coesistere.
La politica da sola è cieca.
Il mistero, che è muto,
da solo diventa sordo.
Un’arte clandestina
per mantenersi aperti,
essere in viaggio,
ma lasciare tracce,
edificare luoghi,
unirsi a viaggiatori inquieti.
E se a qualcuno verrà in mente,
un giorno, di fare la mappa
di questo itinerario;
di ripercorrere i luoghi,
di esaminare le tracce,
mi auguro che sarà solo
per trovare un nuovo inizio.
È tempo che l’arte
Trovi altre forme
Per comunicare in un universo
In cui tutto è comunicazione.
È tempo che esca dal tempo
astratto del mercato,
per ricostruire
il tempo umano dell’espressione
necessaria.
Una stalla può diventare
Un tempio e
Restare magnificamente una stalla.
Né un Dio, né un’idea,
potranno salvarci
ma solo una relazione vitale.
Ci vuole una altro sguardo
Per dare senso a ciò
Che barbaramente muore ogni giorno
Omologandosi.
E come dice il maestro:

“tutto ricordare e tutto dimenticare”.



sabato 18 luglio 2015

Visitors: contact


Foto di Tommaso Cosco
  
La miriade di informazioni e la superficialità con cui vengono lette, le iperconnessioni veloci in tempo reale e l'immediatezza, il narcisismo presuntuoso di un continuo balbettio privo di contenuti stanno restringendo quasi a cancellarlo progressivamente l'estensione del mondo(1) per cui solo un uomo, in quanto tale, diventa unico e proprio terreno di sperimentazione.
...“caminantes / no hay caminos / hay que caminar"..(2)

La strada si inerpica lungo i contrafforti della Sila per curve e controcurve come le anse di un fiume che scivola silenzioso nella foresta pluviale, verso il cuore dell'oscurità.
Il senso ritrovato viene soddisfatto con una pratica rivolta verso se stesso alla ricerca della propria realtà interiore. Un viaggio nel proprio spazio, riconoscendone luoghi e segni, alla scoperta della memoria di quanti hanno vissuto.
La discesa si fa necessaria per liberazione da legacci e nodi, anche indulgere nella nostalgia è permesso purchè sia ritrovata una serenità non intaccata da vincoli e limiti.
Flussi archetipici generati da un linguaggio arcaico che si fa in divenire man mano che lo si parla, drones rombanti come eruttati dal centro della terra e sibilanti come il mormorio del mare percepito accostando una conchiglia all'orecchio, preghiera e litania da cui erompe infine un singhiozzo trattenuto, la turra si rivela ora scafandro non adatto a queste profondità, il respiro pesante ad evocare con voce quasi soffocata la compassione dei propri avi, la risalita si fa ardua ed è difficile non voltarsi indietro, un bastoncino pirotecnico proietta frammenti di stelle come dono e gesto psicomagico, l'uomo esausto sullo spiazzo che delimita la soglia si offre mostrando il petto come un san sebastiano col viso ormai libero da nodi e solchi, levigato come prosciugato.

Lo spaesamento generato dalla trasformazione del reale si dissolve nelle luci del crepuscolo.

Chicchirichììììì!


1- Paul Virilio, L'Orizzonte Negativo
2- Scritta letta da Luigi Nono sul muro di un monastero di Toledo 

 

giovedì 25 giugno 2015

Urkuma ad Archiaro


 
Urkuma, Stefano de Santis, è un salentino con un sorriso semplice e spiazzante che ti guarda negli occhi e allarga le braccia come per scusarsi e ringraziarti. Urkuma è un antico termine dialettale che sta ad indicare uno stato di non-equilibrio, una imminente caduta, uno scompenso psico-fisico: in poche parole, è sinonimo di instabilità. Un “ingegnere del suono” che gira per le varie contrade d'Europa a modulare suoni e frequenze, utilizzando i vari strumenti che all'occasione si presentano, Stefano è incline a fare uso di qualsiasi cosa sia a portata di mano, tra cui laptop, piccoli dispositivi elettronici, clarinetto, effetti, strumenti vocali auto costruiti, nastri, feedback-box e tutto ciò di cui sia possibile abusare per produrre suono. Pur radicato nella sua terra Urkuma è un viaggiatore con il suo trolley di cartone sempre pronto verso nuove mete per raccontare storie attraverso i suoni. Il nome del suo sito ''Sanfocahotel'' rimanda ad un immaginario hotel sulle coste dell'adriatico salentino dove sbarcano profughi di varie nazionalità ed etnie... e' un posto iper-reale, una specie di non-luogo che ospita in se tutti i luoghi comuni del meridione e nel contempo li dissolve. 
Dopo 6 anni è tornato ad Archiaro per mettere in scena come un alchimista “gli elementi che muovono il mondo” in quattro atti, ribaltando la costruzione e lo scorrere del tempo in uno spazio, Archiaro, pronto e capace di accoglierlo. Ed ecco, da buon salentino, il tamburello suonato dagli impulsi di frequenze generate da un mixer in un drone continuo che Urkuma modula con l'imposizione delle mani. ( Nelle rappresentazioni lo sciamano suona il tamburo per esorcizzare paure e chiamare a raccolta gli spiriti buoni e scacciare quelli cattivi ). Il traliccio dell'alta tensione trasformato in totem e altare per un rito che infonde fiducia e plasma materia che si libra nell'aria ormai spirito. Lo scorrere dell'acqua frammentato e interrotto volutamente e alla fine accompagnato da campane capovolte e suonate con l'archetto del violino a ricomporre una suite quieta e ipnotica. L'atto conclusivo nell'arena naturale di Archiaro con una singola traccia composta per l'occasione da field recordings e drones che termina in loop sulla filastrocca di una anziana donna del Salento che in un rosario pagano enumera santi, numeri ed atti come una litania senza tempo. Sud e magia.
La rassegna di Archiaro, ormai decennale, proponendo artisti internazionali di ampio respiro, rappresenta una autentica fucina che sperimenta idee e le trasforma in atti, quasi una factory; negli anni si è rivelata una importante azione culturale e, pur rimanendo underground e sotterranea, uno spazio di confronto e di crescita individuale e collettiva, in perfetta armonia con l'ambiente circostante.





domenica 17 maggio 2015

Mezzana, estate '77.




ENFANTS PERDUS
Come una pattuglia mandata in ricognizione e non più tornata!
A CLAUDIO. 




mercoledì 13 maggio 2015

Now # 9



E' ora di ubriacarsi! Ebbri!
Per non essere gli schiavi seviziati del tempo: ubriachi!
Senza tregua!
Di vino, di poesia o di virtù - a piacer vostro.
( Charles Baudelaire )




venerdì 1 maggio 2015

1° Maggio



E come potevamo noi cantare
Con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.
( Salvatore Quasimodo )



sabato 21 febbraio 2015

Denovali Records: tre perle

E' attualmente una delle più brillanti label in circolazione per la varietà delle proposte ( e lo spaesamento che ne consegue ) e l'estetica che in alcuni tratti ricorda quella dell'ECM.
Solo tre proposte, tra quelle che più mi hanno emozionato tra le numerose releases del catalogo Denovali.

Second Moon of Winter - One for Sorrow, Two for Joy
Un ensemble sperimentale irlandese che ha registrato sei tracce in una serie di sessions nel sud dell'Irlanda, nella contea di Cork. Suoni creati prevalentemente da un clarinetto e una chitarra e dalla voce luminosa e sublime di un soprano. Ascoltando le tracce si rimane affascinati dai frammenti di melodia che fluttuano sulle onde di suono. Nessun editing dopo le sessions, né computer, né oberdubs. E' un lavoro che tocca le corde più interne dei sentimenti, One for Sorrow, Two for Joy è pura fascinazione.

Alvaret Ensemble, Kira Kira, E.O. Olafson, G. Erlendson, B. Magnason - Skeylja
Skeylja è un progetto multimediale basato sull'idea di improvvisazione musicale da parte di musicisti provenienti da vari paesi. Il progetto coinvolge anche fotografi, videomakers e scrittori olandesi.
E' difficile dire di cosa si tratti realmente, gli artisti si sono trovati a lavorare insieme nei bellissimi paesaggi dell' Islanda per alcune settimane, dopo alcuni mesi il gruppo ha presentato il lavoro in alcuni concerti durante il festival di Oerol in una vecchia chiesa sull'isola di Terschelling in Olanda. La musica che ne deriva è una contaminazione espressa in totale libertà, forgiata e fusa dal vissuto degli artisti che hanno partecipato a questa operazione, immersi in una natura a tratti selvaggia che fa riscoprire i propri archetipi.

Dale Cooper Quartet & The Dictaphones - Quatorze Pieces de Menace
Il lavoro dei bretoni Dale Cooper è un autentico capolavoro, uscito nel 2013.
E' stato già detto molto su questo disco per cui l'unica cosa da fare è ascoltarlo.