domenica 31 dicembre 2023

Eyeless in Gaza

 

“ Dove sono i bambini che non hanno l'albero di Natale, con la neve d'argento, i lumini e i frutti di cioccolata?” si chiedeva Gianni Rodari in una bella poesia sul Natale. Sappiamo cosa rispondere ed il pensiero va subito ai bambini di Gaza, bombardati, smembrati, maciullati, amputati dalle bombe dell'Erode israeliano. E non dimentichiamo i bambini sotto le bombe a Kiev ed in Russia ed in tante piccole guerre senza nome sparse negli angoli più sperduti del Pianeta Terra. E la mente corre anche a Indi, la piccola inglese, condannata a morte da una disposizione governativa del parruccone britannico Mr Justice. Tra poco è Natale e l'Occidente si appresta a festeggiarlo, nelle case, in famiglia, intorno a tavole imbandite con cibi prelibati e doni. I bambini elettrizzati non vedono l'ora di scartare i pacchi regalo che Babbo Natale ha portato loro. Al di là del significato religioso, il Natale è la festa dei bambini. Abbiamo tutti cantato almeno una volta “Tu scendi dalle stelle” o ascoltato dalla splendida voce di Bing Crosby Bianco Natale. Per noi del Sud poi il Natale acquista un significato particolare rappresentato dal simbolo per eccellenza: il Presepe o il Presepio. Come non commuoversi davanti a “Natale in casa Cupiello, dove Eduardo chiude con quella frase diventata cult “ Te piace 'o presepio?”. Per noi italiani il Natale rappresenta la festa, siamo stati tutti bambini, le vacanze di Natale a scuola erano abbastanza lunghe così che si poteva stare fuori a giocare nel vicinato e se nevicava era ancora meglio, inoltre c'erano i doni, giocattoli e quant'altro che portava la Befana. Ora invece c'è Babbo Natale, l'agiografia fa risalire la sua origine a San Nicola di Bari, protettore dei bambini, vescovo di Myra, un porto importante nella penisola anatolica sulla rotta tra Italia meridionale, Palestina e Egitto. Nel 1690 il nostro vescovo, sotto il nome di Santa Claus, regala doni ai bimbi buoni di Manhattan. Lo ritroviamo dopo 3 secoli quando una multinazionale, la Coca Cola, si appropria di questo testimonial così popolare, lo spoglia dei paramenti vescovili per rivestirlo con i colori del suo marchio. Bonaccione, allegro ed ingrassato, questa versione spersonalizzata di San Nicola invade il mondo intero diventando il simbolo del consumismo natalizio. Santa Claus quest'anno non riceverà lettere dai bambini di Gaza, non ne hanno il tempo ed il desiderio è stato negato dal bisogno di sopravvivere impegnati come sono a ripararsi dalle bombe che li fa a pezzi, bombe americane come la Coca Cola, bombe che pesano tonnellate e che non esplodono al primo impatto ma che vanno giù fino alle fondamenta dei palazzi, dove si pensa che si nasconda Hamas per poi esplodere e far venire giù tutto il palazzo, a questo punto arrivano i tank israeliani e dietro di loro potenti bulldozer che spianano le macerie così da creare una vasta radura che non può più essere abitata. Perché il progetto è mandare via i Palestinesi dalla Striscia di Gaza, una regione costiera dove vivono 2 milioni e mezzo di persone su una superficie di 360 km quadrati, non farli tornare più e destinare questa terra allo sviluppo di un turismo di lusso con resort e alberghi a 5 stelle per i ricconi. Erode Nethaniau per far vedere quant'è bravo, quant'è umano lei direbbe Fantozzi, ha disposto dei corridoi umanitari per la deportazione dei Palestinesi dalla Striscia, destinazione il Sud, il deserto, l'Egitto. Dopo duemila anni la storia si ripete, la fuga dei Palestinesi in Egitto. Come si fa a dare credito a questo palinsesto imposto dove l'Occidente ottuso non percepisce la gravità degli avvenimenti quando da un mese ogni dieci minuti viene ucciso un bambino? Oltre 10.000 vittime civili palestinesi accertate. I numeri sono spaventosi: si parla di più di 3.450 bambini uccisi ( fonte Unicef Italia ); il numero aumenta in modo sconcertante ogni giorno. La strage degli Innocenti. Assistiamo impotenti al genocidio di un popolo dove i bambini sono le vittime predestinate perché crescendo potranno diventare potenziali terroristi, Israele si sta suicidando e non lo capisce, ha scavato un fossato intorno a sé che sarà difficile colmare, non avranno mai pace perché chi ha visto morire un congiunto, chi vive sotto le bombe ed ha visto crollare la propria abitazione è molto probabile che se ne avrà l'occasione imbraccerà un fucile.

Eyeless in Gaza, senza occhi a Gaza, è il titolo di una tragedia di John Milton, pubblicata nel 1671, sugli ultimi giorni di vita di Sansone, il titolo è stato poi ripreso da Aldous Huxley per una sua novella e da Martyn Bates , musicista inglese come nome della sua band. Nonostante le accuse ad Israele da parte del portoghese Antonio Guterres, segretario generale dell'ONU, di avere trasformato l'enclave palestinese in un cimitero di bambini il mondo preferisce non guardare a Gaza dove per la narrazione corrente da rifugio al terrorismo internazionale per cui tutti i palestinesi sono terroristi, il mondo si è girato di spalle e si è tappato le orecchie per non sentire le grida disperate dei bambini di Gaza che non festeggeranno il Natale, non allestiranno presepi o alberi di Natale, non avranno dolci e cioccolata, non giocheranno più neanche con i loro palloni di stracci a rincorrersi nella polvere, a Gaza terra dei Filistei che accecarono Sansone anche il vento è cieco. A Gaza manca di tutto, il pericolo non sono solo le bombe ma anche le malattie per l'assenza di cibo, acqua e medicine. Le immagini ed i filmati che testimoniano questo orrore vengono bloccati sistematicamente dal mainstream e dai social. Se la gente potesse vedere veramente quello che sta succedendo avremmo per la prima volta, in diretta, sotto gli occhi di tutti lo sterminio di un popolo ed allora ci sarebbe la speranza di fermarlo, una speranza che viene dalla gente comune che ne ha abbastanza di queste guerre e di questa ingiustificabile violenza che ha fatto dimenticare anche l'orrore del 7 ottobre. I primi a non avere avuto riguardo dei palestinesi sono stati i capi di Hamas, non sapevano che Israele avrebbe reagito con rabbia, come un cane pazzo Moshe Dayan dixit nel 1967, e come si può giustificare il bombardare una città come risposta ad un attacco terroristico? Il popolo palestinese è tra due fuochi, senza una bandiera sotto cui ripararsi. La propaganda falsifica la realtà, nascondiamo l'orrore e non disturbiamo i consumatori, il Natale ormai è alle porte e ci sono le tredicesime da spendere, è iniziata la corsa ai regali e le riviste ripropongono sempre le solite ricette per il pranzo di Natale e per i regali must have se vuoi essere trendy. E' un sistema psicotico che ci costringe ogni giorno e per ogni gesto e/o pensiero a scegliere tra la pillola rossa e quella blù in un mondo dove la demenza è la normalità ed il buonsenso un crimine da perseguire. I TG annunciano azioni di pace, anche il Papa fa sentire la sua voce ricordando il messaggio di pace che porta il Natale ma i bombardamenti continuano, dicono per cercare di stanare i capi di Hamas che si rilassano a Doha nel Qatar, nella loro sede a pochi metri dall'Ambasciata USA. A Betlemme non ci saranno alberi di Natale, luminarie e addobbi natalizi, le comunità cristiane dei palestinesi anche in Cisgiordania hanno deciso che ci saranno solo le funzioni religiose. I bambini di Gaza chiedono a Babbo Natale come unico regalo il CESSATE IL FUOCO.

Articolo apparso sul numero Speciale di Affiches, Natale 2023.

domenica 10 dicembre 2023

Si può fermare il contagio psichico di Franco Berardi Bifo

 

Ho visto il documentario Born in Gaza di Hernan Zin (si può trovare in Netflix): racconta la storia di dieci bambini tra i sei e i quattordici anni, durante la guerra del 2014, una delle tante guerre che Israele ha condotto contro i palestinesi, e i Palestinesi hanno condotto contro Israele. Questi bambini parlano dei bombardamenti, delle ferite che hanno ricevuto, del terrore che vivono quotidianamente, della fame che soffrono. Dicono che la loro non è vita, che morire sarebbe meglio.

È probabile che costoro, che erano bambini nel 2014 siano oggi militanti di Hamas, e che abbiano partecipato all’orgia di terrore del 7 ottobre.

Come non capirlo? Se io fossi al posto loro, invece di essere io, un vecchio intellettuale che sta morendo comodamente nella sua casa in una città italiana dove per il momento non ci sono bombardamenti, se io fossi uno di questi che erano bambini sotto le bombe del 2014, oggi sarei un terrorista che vuole solo uccidere un israeliano. Mi farei orrore?

Certo, ma il mio pacato pacifismo è solo un privilegio di cui godo perché non ho vissuto la mia infanzia a Gaza, o in molti altri posti come Gaza.

Perciò Israele ha un solo modo per sradicare Hamas: uccidere tutti i palestinesi che vivono a Gaza, nei territori occupati e anche altrove: tutti, tutti, tutti, soprattutto i bambini.

D’altronde è quello che stanno facendo, no? Si chiama genocidio, ma è del tutto razionale, no?

Infatti i razionalissimi governanti europei appoggiano il genocidio, Macron ha detto che vorrebbe partecipare al genocidio con una coalizione.

Scholz ha detto che avendo la Germania commesso un genocidio nel passato ora è suo dovere appoggiare chi sta compiendo un genocidio oggi. È il solo modo per sradicare il terrorismo, no?

Forse ci sarebbe un altro modo per sradicarlo: la pace senza condizioni, la rinuncia a vincere, l’amicizia, la diserzione, l’alleanza tra le vittime: le vittime di Hitler, le vittime di Erode-Netanyahu. Ma le vittime, sembra, aspirano solo a divenire carnefici, e spesso ci riescono. Dunque la spirale non si fermerà, e non sappiamo quale vortice sia destinata ad alimentare.

C’è qualcosa di mostruoso nella mente dei palestinesi che sono vissuti nel terrore. E c’è qualcosa di altrettanto mostruoso nella mente degli israeliani. Ma come possiamo giudicare il comportamento dei popoli, come possiamo giudicare le esplosioni di violenza che si moltiplicano nella vita collettiva? Possiamo giudicare il comportamento dei militanti di Hamas o quello degli israeliani in termini etici, o in termini politici?

La ragione etica è fuori gioco, perché l’etica è totalmente cancellata dal panorama collettivo del nostro tempo e dalla coscienza della grande maggioranza.

Etica è la valutazione dell’agire dal punto di vista del bene dell’altro come continuazione del sé. Ma nelle condizioni di guerra generalizzata in cui si muove l’umanità sopravvissuta all’umano, l’altro è solo nemico: è questo l’effetto dell’infezione liberal-competitiva, e dell’infezione nazionalista: la difesa del territorio fisico e immaginario si trasforma in guerra.

L’etica è morta, e la pietà l’è morta. Non vi è etica nel comportamento dei giovani cresciuti nella prigione di Gaza, perché la loro mente non può considerare l’altro (il soldato israeliano che ti attende con l’arma spianata a ogni crocicchio di strade) se non come carceriere, torturatore, nemico mortale. Ogni frammento (popolo, etnia, mafia, organizzazione, partito, famiglia, individuo) si batte disperatamente per la propria sopravvivenza, come lupi che combattono contro lupi. Il video game ci istruisce a competere in condizioni di guerra onnipresente iper-veloce.

Come la ragione etica, anche la ragione politica non ha più pertinenza in una situazione in cui la decisione strategica è sostituita da micro-decisioni di sopravvivenza immediata. Israele reagisce all’efferata violenza di Hamas in maniera che può essere militarmente efficace oppure no. Ma certamente non è efficace dal punto di vista politico.

Il gruppo dirigente di Israele è un gruppo di mafiosi corrotti che da anni fanno spettacolo con il loro cinismo e il loro opportunismo. Ora si trovano di fronte a una situazione che non avevano neppure immaginato, e che supera le loro facoltà di comprensione politica. L’intero popolo di Israele ha perso la testa. Tutto nel comportamento degli israeliani prova che è in corso una crisi psicotica, questo farà molto male ai palestinesi, ma farà molto male anche agli israeliani.

Non ha forse occhi un ebreo? Non ha mani, organi, membra, sensi, affetti e passioni?

Non si nutre egli forse dello stesso cibo di cui si nutre un cristiano?

Non viene ferito forse dalle stesse armi?

Non è soggetto alle sue stesse malattie?

Non è curato e guarito dagli stessi rimedi?

E non è infine scaldato e raggelato dallo stesso inverno e dalla stessa estate che un cristiano?

Se ci pungete non versiamo sangue, forse?

E se ci fate il solletico non ci mettiamo forse a ridere?

Se ci avvelenate, non moriamo?

(Shakespeare: Il Mercante di Venezia)

Dal punto di vista etico Israele ha dimenticato da molto tempo, anzi fin dall’inizio della sua esistenza, che l’altro ha la stessa umanità che hai tu, ha la stessa sensibilità che hai tu, e naturalmente ha gli stessi diritti che hai tu.  Ma anche dal punto di vista politico gli israeliani stanno compiendo azioni che si ritorceranno atrocemente contro di loro.

Ho letto le dichiarazioni dei politici e dei militari che governano Israele: parlano di animali umani da sterminare, parlano di togliere agli abitanti di Gaza (due milioni e mezzo) elettricità, carburante, cibo e acqua. Ne parlano e lo stanno facendo.

Come possono? Non c’è una spiegazione etica, né politica. La sola spiegazione del comportamento degli uni e degli altri è la psicopatia, la sofferenza psichica, il desiderio di sangue, di orrore, di morte.

Dunque occorre spiegare questa guerra in termini di psicopatogenesi, come effetto di una incapacità delle vittime di curare il proprio dolore. Da tempo mi sono convinto che il solo metodo conoscitivo capace di comprendere la catena di violenze che si srotola in Medio Oriente, e in gran parte del mondo, sia quello della psicoanalisi, della psicopato-genealogia.

Quello che accade adesso in Medio Oriente non è che l’ultimo anello di una catena che inizia con la prima guerra mondiale, la sconfitta dei tedeschi, e la punizione inflitta al popolo tedesco dai francesi e dagli inglesi, al Congresso di Versailles del 1919. L’oppressione e l’umiliazione spinsero il popolo tedesco a cercare vendetta: quel desiderio di vendetta si incarnò in Adolf Hitler. Gli ebrei furono la vittima prescelta, accusati senza alcuna ragione di avere provocato la sconfitta del 1918.

La persecuzione e lo sterminio degli ebrei negli anni della seconda guerra provocò una immensa e duratura sofferenza che cercò sollievo nella creazione di uno stato criminale che come prima azione scatenò la vendetta contro un popolo che non aveva nulla a che fare con l’Olocausto, ma che era sufficientemente debole per diventare la vittima della vittima.

L’umiliazione subita per mano dei nazisti esigeva una compensazione psichica, e questa compensazione è la persecuzione e lo sterminio del popolo palestinese. Credo che Israele non uscirà da questa prova: il popolo di Israele era già diviso in modo irrimediabile, Netanyahu dovrà rendere conto della divisione provocata, e dell’impreparazione che ne è seguita. Ma non basterà, perché la destra apertamente razzista di Israele (Liberman, Ben Gvir eccetera) è destinata a rafforzarsi in questo tsunami di odio.

Possiamo pensare che anche in caso di una vittoria militare israeliana dopo decine di migliaia di morti palestinesi e israeliani la dialettica politica potrà continuare nello stato di Israele? Io credo che Israele vada verso la disintegrazione. Quanti israeliani vorranno rimanere in quel deserto, dopo quel che sta avvenendo e che avverrà? Solo quelli armati, solo quelli che sono pronti a uccidere e desiderano uccidere rimarranno, credo. Si è ormai scatenato un vortice di odio contro Hamas, ma anche un senso di colpa per essersi trasformati in autori di un genocidio certificato.

Questo vortice la politica non lo potrà governare né comprendere. Solo lo sguardo clinico può comprendere, ma non credo che possa curare. Siamo di fronte a una psicosi di massa dotata di altissima potenza di contagio. La cosa che dobbiamo fare prima di tutto è non subire il contagio, per evitar di finire come quello squilibrato di Giuliano Ferrara che urla frasi da ubriaco davanti a una folla di squilibrati.

Ma occorre anche produrre un vaccino culturale e psichico contro il contagio, e questo compito che la psicoanalisi non seppe svolgere nel secolo scorso è il compito che abbiamo davanti, se non è troppo tardi.

 

Post Scriptum

Come si “cura” la crisi psicotica, soprattutto se collettiva? Non ho risposta.

È la domanda che si pose Sándor Ferenczi nel 1919. Disse: “Noi psicanalisti possiamo forse curare le nevrosi individuali, ma per la psicosi di massa, non abbiamo concetti né cure”.

Credo che siamo ancora allo stesso punto.

Nel frattempo però sta succedendo qualcosa di inquietante. Guardate le immagini dello stadio di Glasgow, ieri. Centomila persone (non so quante, una marea) agitano bandiere palestinesi, gridano continuamente… A me fa paura. Non mi piacciono gli stadi, non mi sono mai piaciuti. Voglio dire che potrebbe scatenarsi un’ondata di antisemitismo vero (non di quello degli idioti israeliani che gridano al lupo al lupo e poi il lupo compare davvero e nessuno ci crede più).

Guardate la sessione dell’ONU di ieri. Guardate le università americane. Ascoltate il discorso di Erdogan, che grida, rabbioso: “Hamas è un gruppo di liberazione”. Dappertutto il gruppo dirigente occidentale sionista è in minoranza, anzi a dire la verità mi pare che i bianchi siano circondati da una marea crescente di gente che affila i coltelli.

Purtroppo non c’è nessun internazionalismo, nessuna strategia comune. C’è un’onda di odio che sembra avere i colori della vendetta. Israele è in una situazione di panico e di confusione, questo è evidente.

Hanno perso, mi pare, possono uccidere quanta gente vogliono, ma hanno perso.

Ma chi vince?

di Franco Berardi Bifo

Articolo apparso su effimera.org