lunedì 15 maggio 2023

La generazione perduta

 


 
 
E' arrivato finalmente nei cinema il docu-film più interessante ed intenso dell'anno, presentato al Torino Film Festival e premiato con un Nastro d'Argento come migliore documentario, nella sezione “Cinema del reale”. “La Generazione perduta” di Marco Turco, scritto dal regista e da WuMing2 e Vania Del Borgo, prodotto da MIR Cinematografica e Luce Cinecittà in collaborazione con Rai Cinema e AAMOD. Al centro della vicenda c'è Carlo Rivolta, giovane giornalista di Repubblica sin dal primo numero. Attraverso la sua vita si narra la storia di una generazione, come spiega il regista Marco Turco “ una sinfonia corale accompagnata dalla voce di un solista, attraverso le parole e lo sguardo di Rivolta viviamo in diretta lo spirito dei tempi, le enormi speranze e le amare delusioni di una generazione devastata dall'eroina”. Siamo negli anni settanta, il Movimento Studentesco, l'Autonomia, la lotta armata. Famoso l'incipit del suo articolo “La rabbia studentesca” su Repubblica sulla cacciata di Lama dalla Sapienza di Roma, “ Alle 8 del mattino, sotto un cielo plumbeo e le prime gocce di pioggia, gli schieramenti nell'Università erano già formati, anche se la tensione era ancora minima. Nel piazzale della Minerva il servizio d'ordine del sindacato e del Pci, con i cartellini rossi appuntati sul bavero delle giacche..... presidiava la piazza del comizio”. Quando nel '78 avviene il rapimento di Moro e l'uccisione della scorta viene mandato in Via Fani. Fu proprio lui a scrivere l'articolo sul sequestro Moro per l'edizione straordinaria de La Repubblica del 16 marzo 1978. Nei suoi articoli, in contrasto anche con il suo giornale ed i suoi ex compagni, si dichiara favorevole alla trattativa con le Br per la liberazione di Moro, per questo motivo viene bollato dai suoi ex compagni come un traditore del popolo e minacciato di morte. Carlo Rivolta si autodefinì così: “Un giornalista critico verso la mia professione e, dal punto di vista politico, un militante critico verso la mia stessa area di appartenenza”. Non è un caso che si ritrovi tra più fuochi: accusandolo di incoerenza, l’ala violenta del movimento studentesco gli dà del “borghese”, i più moderati colleghi di Repubblica lo considerano un estremista. Per l'Autonomia e le Br è un infame. Le sue cronache avevano il pregio di portare il lettore dentro gli avvenimenti, insieme con le passioni che ne animavano la scrittura. Essa partecipava al mondo che descriveva senza nascondersi dietro il fantasma ipocrita della neutralità: era consapevolmente militante, ma al tempo stesso fredda e asciutta, con un gusto per la vivisezione delle dinamiche del potere, all' improvviso squarciata dall'irrompere di una disperata vitalità. L'amico e giornalista di nera Massimo Lugli
 lo descrive come un qualsiasi giovane di quegli anni “il giubbotto di renna sdrucito, la barba incolta, la moto, una fantastica Honda 350 verde che coccolava quasi quanto i suoi cani”.  Bob MarleySan Francisco altri due suoi grandi amori, l’orecchino un altro segno distintivo”, poi aggiunge,” la lettura delle sue cronache fu la prima crepa di dubbio, quasi un bagno di autocoscienza”. Carlo Rivolta ha rappresentato le pulsioni ed i drammi di una generazione nell'Italia degli anni '70, gli anni dei sogni e della rivoluzione interrotta. La lotta armata e l'uccisione di Aldo Moro segnarono profondamente ed in modo negativo molti giovani che vedono la carica rivoluzionaria esaurita. Delusi e sconfitti, estraniati e spaesati tanti finirono senza neanche accorgersene nel gorgo dell'eroina che in quegli anni sommerse l'Italia, se ne sapeva poco, tanti ci cascarono e tanti ne morirono. Su Lotta Continua ogni giorno c'era almeno un necrologio di qualche compagno morto. Dalle famiglie ai medici agli stessi ragazzi tutti si trovarono impreparati, non essendo in grado di affrontare la dipendenza. Carlo Rivolta seppe raccontare ogni sfaccettatura: filiera, effetti, economia, rituali, tagli, terapie. Indagando il fenomeno della diffusione dell'eroina finì per diventare egli stesso un consumatore, sviluppando una dipendenza che lo condurrà alla morte. I suoi articoli attaccavano l'ottusità dei politici che non vollero capire cosa si doveva fare e analizzavano quel particolare periodo storico dove il consumo di droghe pesanti era legato soprattutto alla sconfitta politica e alla grande disillusione di una generazione. Nel film c'è tutto questo grazie al materiale dell'archivio Rai e dell'archivio Luce, le immagini d'archivio volutamente sgranate e nebulose contrastano con le immagini nitide delle interviste attuali proprio per rimarcare l'angoscia di quegli anni, come se niente avesse più senso, svanita ormai la speranza di cambiare il mondo.

Dalle testimonianze di chi lo ha conosciuto, la compagna storica, i colleghi e gli amici, emerge una figura con tutte le sue contraddizioni ma anche con la sua coerenza nel cercare fino alla fine la verità che lo porterà alla autodistruzione. La voce di Carlo Rivolta esce da un vecchio registratore Geloso ed è affidata a Claudio Santamaria che legge brani dei suoi articoli. “ La vicenda di Carlo Rivolta diviene la personificazione emblematica di un mondo che mutava inesorabilmente travolgendo le attese e le speranze di una generazione che aveva creduto nel cambiamento e si ritrova a contare i propri morti.”

Carlo Rivolta è morto all'età di 32 anni, dopo 5 giorni di coma per una caduta dalla finestra del primo piano del palazzo in cui viveva a Roma in seguito ad una crisi di astinenza, ora riposa nel cimitero di Trebisacce, nell'Alto Jonio Cosentino”, il paese della madre, dove aveva trascorso le belle estati.


 Articolo apparso sul numero di maggio 2023 di Affiches, rivista di Radio Vulture