giovedì 30 luglio 2020

I 14 Quadri






Il tempo e lo spazio sono sempre stati argomenti ricorrenti nelle nostre chiacchierate telefoniche, niente di filosofico, non ne sono capace, ma tutto legato alla realtà e alle robuste radici che ci ancorano alla terra che ci è stato dato di abitare.
In questi ultimi mesi le cose sono cambiate inaspettate per tutti ed in un modo che sfugge alla effettiva comprensione di quello che sta succedendo.
Qualcosa di nuovo sta prendendo forma, un presente instabile e virtuale che ha la presunzione dell'essere eterno, sempre più controllato da un Potere tecnologico che lancia appelli ed offre benessere di difficile definizione. Una teologia tecnologica ha infettato la vita di ognuno di noi. Il futuro prepotentemente si sta facendo largo, disegnando scenari da films di fantascenza distopici. Secondo William Gibson, il futuro è già qui ma è distribuito male, per cui sta ad ognuno di noi, pur impreparati,  prenderne atto e dare vita alle proprie visioni. Non è tempo di conflitti ma di rappresentare le proprie visioni. Il tempo e lo spazio si ritraggono, il sistema è in decomposizione e non c'è una nuova arca.
La memoria è gestita da algoritmi e le radici sembrano anticaglie da antiquariato vintage, la religione in assenza di liturgia è moribonda ed i costumi, la lingua, le nostre usanze sono alla mercè di un idea dominante che tende a plasmarci in masse amorfe e ad individualizzarci in infinite solitudini. E' in atto uno scollamento nell'organizzazione sociale dove i soggetti sono utenti/clienti/consumatori, una massa di disperati e sdradicati anche essi fanno da agenti provocatori a loro insaputa. Sdradicare le persone dalla propria storia per farne individui intercambiabili in spazi virtuali ma connessi in fallace godimento immediato è il disegno. Satelliti che vagano in orbita solitari.
In questo scenario si innestano i 14 Quadri di Archiaro nel Tempo, opera compiuta di Tommaso Cosco. L'autore si presenta disegnando se stesso in 14 quadri/canti. Parlano di un uomo e della terra su cui vive che è parte di se stesso, parlano degli uomini che l'hanno abitata e di quelli che verranno. Nella forma sono dei quadri, per la fissità della scena dove si muovono in punta di piedi i pochi personaggi che li animano, nella sostanza sono dei canti. Pur utilizzando strumenti moderni per fissarli su un dispositivo elettronico, questi quadri si inseriscono nella tradizione orale dei canti, in un luogo percorso da sentieri disegnati dalle voci di chi ci ha preceduto. Per una epica della memoria.
La natura emette i suoi suoni e declama i propri versi che avvolgono gli attori in un climax unico, quì veramente si può parlare di tempo statico, immobile, senza durata. In queste 14 scene l'autore coniuga la storia con la geografia traendo dal passato il proprio senso di appartenenza e la propria identità, ci sussurra come in una nenia di non avere paura ed esplora temi propri di ogni essere umano e nel contempo profondamente personali. Raffigura l'uomo in un luogo particolare, quello dei propri avi dove si sono succedute generazioni passate, ed è tutto quello che ci rimane e che ci rappresenta, e se le radici sono ben salde in profondità ci salvano in questo sgretolamento quotidiano.
Son tempi strani questi, dove anche la famiglia viene messa in discussione, le comunità vengono ridisegnate e determinate da interessi puramente economici e la socialità viene vista come una minaccia. Il vero artista deve farsi carico della mancanza e passare all’azione con i propri strumenti. ( ahh, quanto ci manca Pasolini! ).
Tommaso da forma alle proprie visioni e ci spinge a riflettere sull'umano e sull'eterno,
il luogo è la vita, scene di vita che ci mettono in condizione di scoprirne il senso. La vita va attraversata, per dirla alla Tarkovsky, e l'uomo, nel suo cammino, attraversandola si spezza o resiste e se resiste dipende dal sentimento verso la propria dignità, dalla capacità di distinguere l'essenziale dal transeunte.


https://youtu.be/fosLufrgLcw

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