giovedì 5 gennaio 2023

La cultura è lotta

 


Molti dizionari intendono per cultura “quanto concorre alla formazione dell'individuo sul piano intellettuale e morale e all'acquisizione della consapevolezza del ruolo che gli compete nella società” ed ancora “l’insieme delle cognizioni intellettuali che, acquisite attraverso lo studio, la lettura, l'esperienza, l'influenza dell'ambiente e rielaborate in modo soggettivo e autonomo diventano elemento costitutivo della personalità, contribuendo ad arricchire lo spirito, a sviluppare o migliorare le facoltà individuali, specialmente la capacità di giudizio.“ Quindi una persona con una buona cultura, oltre alla conoscenza, sviluppa una coscienza ed una consapevolezza del suo ruolo all'interno della cosiddetta società civile e la capacità di discernere ed analizzare gli eventi sociali, politici, religiosi che la vita gli prospetta. Nell'articolo precedente, sul numero di Affiches di dicembre, si è lanciata una provocazione, causa una chiacchierata tra amici a fine cena, dove qualcuno ha detto che la cultura è cosa per pochi, per un ceto sociale medio alto ed un buon livello di istruzione. Spesso mi capita di pensare che sia così, che si sia ritornati al dopoguerra quando la scuola veniva frequentata non da tutti e neanche completata, l'analfabetismo era una piaga per la gente più povera, specialmente al sud, nei paesi interni dell'appennino. Ora ci si ritrova ad un alfabetismo di ritorno, nonostante i progressi informatici, i dispositivi digitali, la caterva di notizie, spesso inutili, che ci bombardano dalla mattina alla sera. I ragazzi li vedi persi, con lo sguardo sugli schermi scuri dei loro smartphone che rimandano loro il vuoto dietro i loro occhi. Annoiati. Non sanno leggere e se sanno leggere pochi riescono a spiegare quello che hanno letto. La cultura è una cosa noiosa, che sa di muffa e polvere e che li costringe all'esilio momentaneo dai loro passatempi preferiti. Pochi leggono e pochissimi hanno frequentato una biblioteca o hanno visitato un museo. Quando accompagnavo i miei studenti alle gite d'istruzione, la prima cosa che facevano era informarsi su un macdonalds, sulle discoteche, pub e simili. Accompagnarli a visitare gli Uffizi e a farli stare zitti è stato uno strazio. Una mandria di bufali imbizzarriti!!! In classe invece stravaccati sui banchi a chiacchierare o a masticare snack, spesso con gli auricolari, una guerra per farglieli togliere, la musica rock e/o pop utilizzata non per il suo impatto ma per isolarsi sensorialmente dalla socialità, per un piacere consumistico e privato. I ragazzi dei paesi del sud, specialmente quelli che provengono da famiglie umili e disagiate, non hanno capito che l'impegno dovrebbe essere maggiore, poiché nascono e crescono già svantaggiati, quindi per mettersi alla pari con i loro coetanei delle città e dei grandi centri urbani devono impegnarsi di più. Come mai alle mostre, alle presentazioni di libri e ad eventi di interesse culturale si incontra solo gente di un ceto sociale e di un livello d'istruzione medio alto? Il capitale deve impedire che le persone sviluppino la consapevolezza di poter vivere in modo diverso e di avere il controllo delle loro vite. Per creare consapevolezza ci vuole tempo, quando torni a casa dopo una giornata faticosa sei stanco ed hai bisogno di ricaricarti per poter andare avanti. Il nuovo assetto del mondo del lavoro, sempre più pervasivo, precario e atomizzato ha privato i lavoratori del tempo e della scelta di prospettive. L'emancipazione culturale non è mai stato un obiettivo per chi deve sbarcare il lunario, infatti le avanguardie nascono da classi agiate o da spiriti liberi. Bisogna essere curiosi e con la mente aperta per andare alla scoperta di nuovi linguaggi artistici, nello sperimentare nuove direttrici culturali, invece di trincerarsi nella malinconia dei bei giorni andati, coltivando il proprio orticello paesano, completamente passivi ed invasi da tutta la spazzatura che passa in TV. Eppure basterebbe sintonizzarsi ogni tanto su SkyArte o su Mubi.com invece delle partite di calcio ogni sera o delle solite trasmissioni di intrattenimento falsamente consolanti, dove accadimenti come povertà, guerre, pandemie e crimini vengono presentati come inevitabili mentre una critica morale al sistema viene derubricata come ingenua utopia. Ed allora ritorniamo al concetto iniziale di cultura, cosa serve per il formarsi di una consapevolezza del reale? L' evoluzione della cultura e gli scenari che si prospettano rappresentano lo specchio ideale per riflettere sulle dinamiche sociali e psicologiche della contemporaneità. Dobbiamo sentirci tutti parte in causa nel conoscere, presidiare e valorizzare il nostro immenso patrimonio culturale che esprime la vitalità della nostra identità storica e sociale. Senza i mezzi e gli strumenti che ci da l'approccio culturale non riusciremo mai ad approdare a nuove forme di coscienza e di consapevolezza per poter accedere a personali tipologie di desiderio.

Vogliamo sul serio ciò che sosteniamo di volere?” Chiede provocatoriamente Mark Fisher. 

 

Articolo apparso sul numero di gennaio 2023 di Affiches, rivista di Radio Vulture