mercoledì 24 aprile 2024

The atrocity exibition

 


Qualche considerazione a mente fredda sul Festival di Sanremo. Se il Festival di Sanremo è lo specchio del Paese, come si suol dire, allora mi chiedo, cosa siamo diventati? Come siamo arrivati a questo punto? L'orgoglio nazional popolare ormai è diventato la galassia del nulla, con gli amici di Maria a farla da padrone e i due quaquaraquà che hanno imperversato per 5 giorni dalle 9 di sera alle 2 di notte, come imbonitori da circo, venghino signori venghino, accomodatevi per lo spettacolo necrofiliaco. state comodi, lasciate ogni vitalità culturale. Una mostra delle atrocità dove pare evidente che la linea di demarcazione tra paesaggio interno e paesaggio esterno è crollata. The atrocity exibition diventa un paesaggio. Gli spettatori, asessuati dal prepuzio nasale di Amadeus, de-libidinizzati e annoiati, costretti a questi lavori forzati dall'abitudine e dalla necessità di sistemi stocastici, stravaccati sui divani con i plaid sulle gambe, completamente inconsapevoli nel farsi friggere le ultime facoltà intellettive rimaste, sonnecchiano e aspettano solo la fine di questo scemificio per andare a dormire e aspettare polluzioni notturne. E' uno schifo sistematico che ha portato la cultura pop italiana a questo abbrutimento e impoverimento.

Questa spazzatura dell'Italia più depressa degli ultimi millenni ha decretato vincitrice una canzone dal titolo “Noia”.

Allegria!!! Ridateci Mike e Pippo.

Il Paese del Bel Canto viene spazzato via da canzoni con parole incomprensibili su musiche algoritmiche cantate con autotune da artisti innocui e scontati che somigliano ai simulacri di Philip Dick, gusci vuoti che sembrano esistere solo come modelli cosmetici. Qualsiasi gesto o look è architettato solo per provocare una reazione negli altri, è impossibile immaginarli alle prese con i problemi quotidiani della gente comune. Sono stati plasmati e issati su un piedistallo, su una nube di precaria notorietà a termine come dei semidei a cui il gregge in estasi plaude. C'è stata una lotta di classe combattuta da una parte sola e 3 italiani su 4 hanno scelto di guardare questo insipido museo delle forme morte decidendo così di autosodomizzarsi. E' finita tra le polemiche che ben rappresentano la frammentazione e la litigiosità del tessuto sociale italiano. La vittoria negata a Geolier, vincitore del televoto, frenato dal voto della stampa e delle radio, accusati di razzismo dimenticando che la vincitrice Angelina Mango viene da un sud più profondo. E poi diciamocela tutta le canzoni in gara erano brutte e di scarsa qualità, anche quelle dei due cantanti in questione. Più che il festival della canzone italiana è stato il festival della inquietudine quando si intuisce di essere nel mezzo di una irrimediabile catastrofe. Un misto tra la Cosa carpenteriana e Blob il film. Si esalta il trionfo numerico degli ascolti ma le rilevazioni conteggiano tutto anche un semplice passaggio di pochi secondi sul canale TV dai vari dispositivi, TV, devices e smartphone. Ai 45 milioni di apparecchi televisivi si aggiungono 75milioni di altri schermi. Sarebbe interessante sapere quanti aspiranti suicidi hanno realmente visto per intero la serata finale dall'inizio alla fine, quasi 6 ore filate. Per questi motivi non si possono fare paragoni con le passate edizioni. L'artificialità di queste canzoni li rende refrattarie alla naturalizzazione romantica di canzoni cantate da storici interpreti come Modugno, Ranieri, giannimorandi, nicoladibari, josèfeliciano ed altri. Ciò che non si ricorda più è l'intensità letterale di quel suono, appare invece evidente la rimozione delle peculiarità proprie della musica leggera italiana. La cultura pop contemporanea afferma la necessità di adottare particolari criteri di intrattenimento e di divertimento, gli artefatti culturali prodotti negano quanto fatto precedentemente nel nome di una falsa modernità, affinchè non passi l'idea che la canzone italiana possa essere un qualcosa di più di un piacevole divertissement in forma di merce di consumo immediato ma possa esprimere concetti impegnativi e non mainstream. Rinvangare gli anni belli della canzone pop non è un'operazione nostalgia ma riguarda la consapevolezza che questi simulacri sono totalmente inconsapevoli del loro debito verso il passato e che essere contemporanei non vuol dire essere moderni, poiché non propongono niente di nuovo e di importante. L'unica cosa nuova che può ribaltare questo concetto è mettere Zelensky al posto di Damiano dei Maneskin se questi dovesse abbandonare il gruppo. Il capitalismo ha uno stomaco di carburo al tungsteno ( Lyotard) capace di consumare, ingurgitare e sfruttare qualsiasi cosa. L'edonismo della cultura pop di questo millennio rappresentata dal rap e derivati vari non produce euforia ma ha un carattere sempre più cupo, come una droga consumata con frequenza che non produce più alcun effetto. Dietro questo sorriso forzato, questo incitamento al divertimento si nasconde una profonda tristezza che il consumo frenetico non riesce a mitigare, specialmente nelle nuove generazioni che dopo aver ottenuto tutto si aggirano famelici tra piaceri a portata di mano, rabbia e frustrazione consapevoli del vuoto che li divora. Eppure l'idea che la musica possa contribuire a cambiare in meglio il mondo è stata concreta qualche tempo fa, la cultura musicale è stato un terreno di lotta che non si limitava ad esprimere posizioni politiche preesistenti ma li percorreva, ha avuto una funzione di crescita personale contribuendo a formare una presa di coscienza collettiva poichè le persone si identificavano in essa; ma 30 anni di neoliberismo hanno messo le cose a posto, tuttalpiù la cultura musicale ora potrà contribuire a realizzare una buona causa, ma questo non vale per quello che esce da Sanremo che è solo intrattenimento, merce che produce alienazione. Eppure in Italia non è tutto così, non c'è solo Sanremo, c'è una cultura musicale di buon livello che si reinventa di continuo e che rivitalizza modelli abituali di comportamento. Una musica se vogliamo radicale in termini politici in bilico tra tradizione e modernità che utilizza il passato come un trampolino di lancio da cui spiccare un salto verso una nuova musica che potrà mettere sottosopra il mondo. Un nome su tutti Daniela Pes, musicista e cantante che con “Spira” il suo disco d'esordio ha vinto nel 2023 il Premio Tenco, oppure Andrea Lazlo De Simone, cantautore e musicista torinese, che ha vinto il Cesar, il più importante premio del cinema francese, per la colonna sonora di un film. Qualcosa si muove anche nel mainstream che produce disagio in alcuni suoi interpreti, in questi giorni due cantanti, Sangiovanni e Ghemon, hanno preso le distanze da questa industria musicale che «promuove un modo di pensare ed agire inquinato dal culto dei numeri e dei sold out che sta determinando più danni di quelli che il pubblico può vedere. Risultati prodotti in batteria e riempiti di estrogeni che danno l’illusione di grandi abbuffate ma che nascondono un mondo di bugie e false aspettative in cui purtroppo a rimetterci sono un sacco di ragazze e ragazzi». Ha postato Ghemon. Mentre Sangiovanni ha annunciato il suo disagio nel sentirsi usato da questa industria musicale e che si prenderà una pausa. Il cantante ha ammesso di non stare bene e di aver deciso di fermarsi temporaneamente per prendersi del tempo per se stesso. In un ambiente dominato da una frenetica competizione che non da sicurezza crolla la fiducia mentre la presa di coscienza porta a dubitare nel continuare sulla strada intrapresa. E ai consumatori passivi e poco attenti danno da mangiare la spazzatura di Sanremo perchè la Musica ha una immediata funzione trasformativa che conferma e avvalora qualsiasi sentimento e porta ad identificare l'origine del malessere, del disagio quotidiano nelle strutture oppressive del capitale. Il neoliberismo ha interrotto i processi sociali iniziati negli anni sessanta e settanta e non ci si può meravigliare se è proprio l'elite neoliberista ad organizzare eventi di massa dove propagandare il Nuovo Verbo con la partecipazione compiaciuta di intrattenitori come i due quaquaraquà e ospiti internazionali che danno prestigio alla manifestazione.Tutto questo viene fatto passare come una sorta di anticapitalismo di sistema, vengono fatti importanti discorsi sulla fame nel mondo, sull'inquinamento, sulla pace, con pacche sulle spalle e sorrisi di consenso, come per dire come siamo fighi noi, discorsi che assumono strane forme di protesta su false trasgressioni che non hanno niente di vero se non un ricatto ideologico. La sola fantasia è che il consumismo occidentale possa risolvere le disuguaglianze che esso stesso ha contribuito a creare. Basta solo comprare i prodotti giusti oppure come ci vuol far credere Bono Vox basta un documento firmato dai grandi della terra per eliminare la fame nel mondo. Bono Vox, clone sgusciato ridotto a megafono delle elite è stato sputtanato più volte da Roger Waters e dopo essersi fatto fotografare mentre canta a Kiev ora canta per le vittime israeliane del 7 ottobre senza dire una parola sulla pulizia etnica e il genocidio perpetuato a Gaza. Molti cantanti nostrani si guardano bene dal mostrare solidarietà e raccontare in musica quello che succede nel mondo, hanno tutti paura di essere bannati dalle varie trasmissioni televisive, ormai scomparso il cantautorato non c'è nessuno che ha la statura morale di un Roger Waters che dice la sua incurante del pensiero dominante. I giovani rapper e trapper sono totalmente fagocitati dall'industria discografica e i parvenue del rock di casa nostra, imbolsiti e decrepiti come vascorossi e ligabue, prodotti del marketing discografico come brutte copie che fanno il verso a Springsteen o a Little Steven sono finalmente avviati sulla strada del tramonto, alla vita spericolata hanno preferito vendere l'anima al dio denaro. Addirittura Fiorella Mannoia ha cancellato alcuni suoi vecchi post dove inneggiava ad Assange e alla Palestina, si è giustificata dicendo che ora non è il contesto adatto. Tutta la canzone italiana, dalle prime edizioni di Sanremo alla scuola di Genova a Dalla, De Andrè e Battiato ha creato una cultura pop che ha contribuito a delineare la nostra visione del mondo e la nostra crescita come individui e cittadini, sviluppando una coscienza di classe ed un senso di identità. Negli anni '80 si è verificata una inversione di tendenza con la febbre del sabato sera, il riflusso, l'edonismo reaganiano, il disimpegno e la disco music che ha visto l'individualismo prendere il posto della collettività e la ricerca del godimento immediato sostituire il desiderio. Si è consolidato il realismo capitalista che ha reificato i rapporti sociali e decretato la sconfitta dell'immaginario prometeico psichedelico. Possiamo intuire e sperare che sia solo una interruzione seppur durata ormai 40 anni e che i rapporti sociali possano ripartire grazie ad una rinata presa di coscienza. 

Articolo apparso su Affiches, rivista di Radio Vulture, aprile 2024