mercoledì 8 giugno 2011

Tim Hecker - Ravedeath, 1972







Tim Hecker, con Ravedeath, 1972, compone un lavoro di tale intensità che finalmente il suo nome esce dal ristretto novero degli affezionati. Il musicista canadese trova  il suo paese immaginario nel fascino magmatico e magnetico dell'Islanda. Già prima di lui altri artisti si erano avventurati in queste terre con scenari da creazione del mondo in cerca di ispirazione, ma nessuno ha saputo tradurre in musica i caratteri più nascosti ed ancestrali di questa terra.
Ravedeath, 1972 rappresenta il lavoro noise-ambient più importante  di questi ultimi anni.
E' dal 2003 che la stampa specializzata guarda con particolare interesse al musicista canadese, da quando The Wire ha considerato Radio Amor uno dei migliori album dell'anno. Tim Hecker genera uno stream of consciousness manipolando il suono generato da chitarre, piano, synts e field recordings e portando l'ascoltatore a sorvolare territori fisici e psichici ancora inesplorati, abbandonandosi al vortice di correnti sinfoniche che alternano stati diversi di coscienza. Un pianoforte sospinto fuori, appena prima del lancio, è la foto rappresentata in copertina.
Hecker realizza il suo sesto album da solista intervenendo su registrazioni fatte con l'organo a canne di una chiesa di Reykjavík, catturate nel corso di una lunga session nel luglio 2010 dall'australiano, islandese d'adozione, Ben Frost e successivamente sottoposte a una riscrittura in studio.
Ravedeath, 1972 è concettualmente un'opera noise, anche se suona tale solo per pochi tratti, data la presenza di rimbombanti drones, che lasciano comunque trasparire i tocchi pianistici e le spirali ascendenti prodotti dalle tastiere. Questo disco deve molto ai corrieri cosmici tedeschi per la spiritualità, per il respiro trascendente che si respira nei suoi solchi e per le distese sinfoniche wagneriane.
I brani, anche dai titoli, esprimono sensazioni forti immersi in paesaggi ambient e sospesi dai tocchi di un pianismo romantico che si alterna con frammenti di rumore. I riverberi naturali della location fanno da preludio alla contemplazione del silenzio. Molto importante è stato il lavoro di engineering e mastering di Ben Frost.
I precedenti album del musicista canadese non mi avevano mai convinto pienamente, ma questo è sicuramente il suo disco più riuscito, un'opera completa che sa cogliere pienamente il segno dei tempi con un suono plastico che aiuta la mente a librarsi in voli estatici ed il cuore ad aprirsi verso paesaggi infiniti. Con Ravedeath, 1972 Tim Hecker diventa a ragione la punta di diamante della musica ambient contemporanea, un ambito che va oltre i tapes basinskiani e l'avant-garde fennesziana.