giovedì 17 luglio 2014

L'elettroacustica umana



  
Marc Behrens, ovvero il suono liberato che si riappropria dello spazio e lo riempie, il suono per sua definizione semantica è libero di fluire assumendo modi e forme secondo il contesto e sta nella creatività di una genìa di nuovi musicisti plasmarlo e dargli un nuovo linguaggio che modifica la percezione che abbiamo di esso.
Marc Behrens è uno di questi, appartiene al Regno di Elgaland-Vargaland, creato da due musicisti svedesi, Leif Elggren e CM von Hausswolff, che hanno ipotizzato un regno il cui territorio è costituito da linee di confine, “ territori accessibili a coloro che posseggono gli strumenti necessari...” dove il suono può aprirsi a spazi immaginari. Il suo intervento ha chiuso l'edizione di Archiaro 2014, il 5 luglio.
Una performance molto intensa e fisica dove le frequenze, i rumori, le voci ed i suoni manipolati in tempo reale con l'uso di software hanno rappresentato un prolungamento proteiforme ed espanso delle percezioni e delle emozioni dell'artista. Come in un anfiteatro, disposti in circolo intorno alla figura della per/sona-musicista munita di computer e microfoni ambientali, circondati da casse acustiche gli spettatori si sono trovati al centro di un microcosmo, portati a condividere suoni come clangori, ronzii o drones immersi nelle proprie visioni. Visioni e suoni, nuove forme espressive che concorrono a diffondere nuove esperienze di percezione. La possibilità di immaginare e lavorare l'onda sonora ampliandone lo spettro, l'utilizzo del computer e dei software ha cambiato radicalmente il modo di pensare il suono. Marc Behrens come un pilota ha guidato i presenti in un viaggio immaginifico verso zone di flusso fisico e mentale.
Archiaro ancora una volta propone punti di riflessione a quanti vogliono ampliare il proprio universo percettivo e creativo a tutti i livelli e l'importanza del prestare ascolto a tutte le musiche e i suoni possibili è stata mostrata da quanti hanno inteso partecipare.
Le parole che usa Moreno Miorelli a proposito della Stazione di Topolò si adattano a quanto accade ogni anno ad Archiaro: “ … la singolarità culturale del luogo, la sua evidente bellezza naturalistica, i tempi dettati da ritmi diversi da quelli cui siamo abituati, le contraddizioni stesse ne fanno un vero e proprio scrigno dove artisti e non-artisti mossi dalla curiosità, dall'inquietudine, dall'idea di un'arte come servizio, dalla voglia di ascoltare più che dalla smania di esporre il proprio ego, possano trovare un terreno di straordinaria fertilità dove dare e ricevere. A Topolò non si espone nulla, né installazioni, né dipinti, né fotografie. I progetti devono nascere da un rapporto con il luogo, devono avere un senso, diretto o indiretto. Topolò non è il fondale ma il motore di ciò che accade.” E' questo il filo diretto che lega Archiaro a Topolò pur con le dovute e naturali differenze ed il lavoro di Tommaso Cosco nel portare avanti l'idea ed il progetto attinge alle proprie intuizioni e passioni ed alla sua estrema capacità di immaginare verità con intelligenza e sensibilità.


foto da www.archiaro.it