Giovanni Lindo Ferretti è un personaggio complesso, scomodo, ricorda Carmelo Bene per il suo modo di non conformarsi, conforme a chi, conforme a cosa, di sfuggire ad ogni classificazione, di dire ciò che pensa pagandone il prezzo e difendendo la sua identità. Cantore o cantante salmodiante e fondatore dei CCCP assieme a Massimo Zamboni e poi CSI, PGR e ancora A cuor Contento, in solitaria, accompagnato da due Ustmamò. Scrittore. Uomo dell'Appennino, uomo di montagna ritiratosi dove tutto ha avuto inizio, come conclusione di un cerchio, a Cerreto Alpi sull'appennino reggiano. Da Reggio Emilia a Berlino e ritorno, dal punk filo sovietico degli inizi ora è diventato altro ma sempre punk, il punk come ultima avanguardia del novecento è un atto forzato di volontà. Un bastian contrario che ogni tanto riappare e ti dice che la vita che facciamo è una follia, non rappresenta nessuno solo se stesso, un disertore prima di Bifo, non cerca consensi, molti compagni lo hanno abbandonato per le sue posizioni politicamente scorrette additandolo come bigotto poiché approda al Cattolicesimo e segue gli insegnamenti spirituali di papa Ratzinger, meloniano perchè dichiara di non sopportare la spocchia di chi si dichiara di sinistra, viene invitato e va a parlare ad Atreju, conservatore ed anche avido dopo l'ultimo tour per i 40 anni dei CCCP che ha visto tutte le date sold out. E' una voce singolare, ben riconoscibile che da circa 40 anni influenza la canzone d'autore italiana. Giovanni Lindo Ferretti è un classico contemporaneo, che non si omologa e incanta anche in silenzio. “La mia guerra è stata sociale, culturale e dello spirito, ho simpatizzato prima con i radiati del Pci e del Manifesto e poi ho aderito a Lotta Continua. Ho partecipato alla prima riunione politica di chi avrebbe fondato le Brigate Rosse nella mia città”. Un percorso comune a tanti giovani della nostra generazione, l'impegno politico e poi per la delusione della fine di tutto le droghe e la ricerca di una strada propria. Autostop Carpi-Berlino dove allo Spectrum a inizio anni 80, incontra Massimo Zamboni, reggiano anche lui, e decidono di mettere su una band, i CCCP. Punk con musiche di chitarre disturbate e drum machine e testi spaesanti, acuminati come frecce dritte al cuore del perbenismo benpensante. Dopo il crollo del muro di Berlino, nel 1990, i CCCP si sciolgono non prima di averci lasciato un album capolavoro, Epica Etica Etnica Pathos. Con alcuni musicisti fuoriusciti dai Litfiba nel 1992 GLF e Zamboni mettono su i CSI, 3 album in studio e altrettanti album live, inoltre singoli e partecipazioni varie. Nel 1996 c'è il viaggio in Mongolia che riporterà in patria Ferretti e Zamboni trasformati.” Mi sono sentito come una creatura immersa in una appena avvenuta creazione, al cospetto di un creatore che avevo dimenticato”. Da questa esperienza uscirà fuori Tabula Rasa Elettrificata, un album che scalerà le classifiche di vendita con 50.000 copie nella prima settimana di vendita. Un tour m'importa na sega in giro per l'Italia che vedrà il tutto esaurito. E dopo Per Grazia Ricevuta, A Cuor Contento fino ad arrivare alla celebrazione dei 40 anni dei CCCP con la mostra “ Felicitazioni” a Reggio Emilia ed un tour per le piazze d'Italia nella scorsa estate. Durante il tour Ferretti racconta che alla fine delle serate si soffermava a scrivere una paginetta sul suo diario, da cui è scaturito l'ultimo progetto messo in scena al Teatro Olimpico di Vicenza, Moltitudine in cadenza, percuotendo. Moltitudine in cadenza è il suo personalissimo racconto, scandito da parole accurate che conferiscono una dimensione spirituale alla sua esibizione. E' il sunto di una vita, il rendiconto della sua vita, come lui stesso dice, tra la fonte battesimale e la pietra tombale. Una riflessione sull'incerta ora che ci tocca vivere. Il linguaggio è essenzialmente ferrettiano intramezzato da canzoni come A tratti, Cronaca Montana, Cadevo ed altre meno conosciute. Lo accompagna un grande musicista, Simone Beneventi che arrangia tutti i brani con l'uso di percussioni, un vibrafono ed un loop sequencer, un suono magnetico che evoca sensazioni e spaesamento, tanto è scarno e tendente ad una tensione verticale, sofisticato e primitivo per l'uso dei legni. Una performance molto intensa dove Ferretti canta e recita, seduto dietro un leggio, poche volte in piedi, lascia alle parole il senso di rappresentare la varietà del vivere, dal tempo che passa al significato della libertà, alle scelte che ci è consentito fare. Nel finale un pensiero alla nostra Europa, “ miracolosa d'arti, cultura, ingegni e pluralità di lingue, di riti, ordinamenti e tradizioni, di piccole e grandi patrie.... un ciclo finito, irrimediabilmente finito”. Per scacciare l'amarezza con la bellezza Giovanni intona, salmodiando il Te Deum. A quanto pare, da quello che trapela, non sono previste repliche.
Articolo uscito su Affiches, numero di novembre 2024, rivista di Radio Vulture