martedì 11 giugno 2024

Da No Future a No Hope

 



affinchè... possano essere ricordate per l'avvento di quei giorni migliori,

quando più in là,

vi sarà chi sia in grado di capire”

( Philip K. Dick )

No Future è stato lo slogan del movimento punk nel '77, movimento nato in UK contro qualsiasi ideologia, comportamento riconosciuto come tale e fatto proprio da tanti piccoli gruppi di giovani. Un movimento politico che nasceva dal disagio di vivere nelle periferie delle grandi città metropolitane dai giovani proletari a cui la Tatcher stava cominciando a togliere sogni e diritti sociali in cambio di precarietà e alienazione. La rabbia e la frustazione dei giovani proletari trovarono sfogo nella musica rock suonata a velocità incredibile e a tuttto volume con testi farciti da imprecazioni contro il potere dominante. Vite senza sbocco di fine anni settanta, eccoli I giovani con il peso sulle spalle, cantavano I Joy Division in Decades. Un movimento anche estetico ben riconoscibile dal taglio dei capelli e dall'outfit ( come si dice ora). Fa ridere vedere gli stilisti più in voga rifare e vendere a peso d'oro vestiti che si usavano a quel tempo. In Italia invece il movimento ebbe una connotazione dichiaratamente più politica, un movimento strano di giovani studenti strani, il movimento si inserisce nella tradizione dei movimenti controculturali in una logica di continuità con il futurismo, il surrealismo, il situazionismo e il dadaismo. La sua composizione e le sue rivendicazioni assunsero un volto diverso a seconda dei luoghi, dei momenti e dei bisogni. La comunicazione ebbe, senza dubbio, un ruolo centrale, il linguaggio sia scritto che orale faceva uso dell'ironia come arma di denuncia e di derisione. Una delle tecniche utilizzate, ripresa dalle avanguardie storiche, fu il détournement: oggetti o immagini, strettamente connessi alla società vennero sottratte alla loro destinazione per essere posti in un ambito diverso, laddove il significato originario si perdeva nella costruzione del nuovo insieme significante ( a volte senza significato). Si era formata una coscienza collettiva traformatrice nei comportamenti poichè mai si erano visti tanti giovani crescere tutti con le medesime esperienze alle varie latitudini, esperienze che venivano raccontate, di cui se ne poteva parlare e discutere e condividerne emozioni e sensazioni ed ecco il grande merito delle Radio libere. Per formare una coscienza collettiva ci vuole tempo ed è proprio quello che oggi manca, distratti dal superfluo e dall'inutile. La ricerca di nuove forme di linguaggio, le teorie desideranti di Deleuze e Guattari, il ruolo dell'individuo sociale e politico, la fusione tra arte e vita quotidiana, il rifiuto sistematico di qualsiasi precedenza del tempo di lavoro sul tempo di vita, un tempo di vita liberato dal lavoro, furono le tematiche affrontate sui giornali e sulle riviste del movimento, insieme alle varie esperienze controculturali come quelle della beat generation e più generalmente dell'underground. Una convergenza tra vari soggetti come il movimento femminista e gli operai, le associazioni per i diritti umani e civili, gruppuscoli e cani sciolti che la sinistra non ha più visto ne ha saputo tenere insieme. La grande colpa storica del PCI è non aver capito!! Da qui sovviene questa malinconia per il futuro mancato. Prendendo in prestito le parole di una poesia che W.H. Auden dedica al sud Italia e a Ischia in particolare «  Anche se non sempre ricordiamo perchè siamo stati felici non possiamo dimenticare di esserlo stati ». Esisteva la possibilità che quell'articolazione di lotte si trasformasse nella visione di un mondo diverso, in una transizione verso il postcapitalismo se l'inedita alleanza tra lavoratori e controcultura avesse preso corpo in modo persistente. Queste forze sono state deviate e dirette verso se stesse, la forza dei sindacati dell'epoca ha permesso di avanzare richieste di tipo qualitativo come ridefinire la prosperità e le condizioni di lavoro. Con l'arrivo della recessione le organizzazioni sindacali hanno perso potere grazie anche all'automazione che ha causato il declino del potere di classe e l'aumento della disoccupazione. Fausto Bertinotti, ex leader di Rifondazione e già presidente della Camera in una recente intervista spiega che la storia della sinistra italiana del dopoguerra terminò il 14 ottobre del 1980 con la dura vertenza sindacale con la FIAT. Il capitalismo si convinse che bisognava mettere fine al ciclo storico degli anni '70 che aveva visto un avanzamento sociale dei diritti sociali e civili. In UK il sindacato dei minatori chinò la testa davanti alla Thatcher, rassegnandosi alla sconfitta, in Italia la FIAT annunciò 14mila licenziamenti. Mentre il sindacato decideva sulla risposta da dare gli operai presidiarono i cancelli per 35 giorni per bloccare la produzione, anche nei vertici del PCI c'era chi pensava che la Fiat stesse operando una necessaria ristrutturazione aziendale. La sinistra perse questo braccio di ferro e da allora c'è stata una dissintonia tra il sindacato, il PCI ed il suo popolo. Come disse il finanziere Warren Buffet «  non è vero che la lotta di classe non c'è più, è vero che abbiamo vinto noi. » Con la sconfitta del movimento operaio nel 1980 il capitalismo inglobò anche i suoi avversari politici portandoli al governo. ( D'Alema come Presidente del Consiglio diede l'ordine di bombardare la Serbia e il Kossovo). Non c'è più scampo agli imperativi del capitale, esso fagocita, divora e digerisce tutto. E' come una specie di parassita che si isinua nel corpo e lo fa ammalare. Il capitale si è insediato nel corpo della società e delle relazioni umane a tal punto che per relazionarsi tra di loro le persone hanno bisogno di prodotti del capitale, smartphone, internet, social. Tutto è stato isolato e fatto passare attraverso il capitale. Ed è quello che succede ora. Con la propaganda decide anche di cosa bisogna parlare, tutti temi fuorvianti da quelle che sono le vere priorità, vengono preparate trasmissioni ad hoc che fungono da distrazione di massa dove fare accapigliare le due fazioni e scuotere momentaneamente il gregge addormentato. Le nostre opinioni devono riflettere quanto fighi siamo rispetto a quegli idioti degli altri. Non c'è una vera libertà individuale perchè c'è sempre chi ti vuole imporre una verità che è emanazione del Potere. Prendiamo in prestito questa citazione di Nicolas Gomez Davila «  tutto ciò che dia all'uomo la sensazione che il mistero lo avvolge lo rende più intelligente, tutto ciò che l'uomo reclama come risaputo e scontato lo trattiene a livello della bestia ».Viviamo in un brutto film di fantascienza dove la realtà è stata abolita e ognuno coltiva il proprio senso che viene utilizzato temporaneamente, giusto il tempo di litigare sulle opinioni contrastanti. Già nel 1981 sull'ultimo numero di A/traverso, rivista del movimento del '77, Bifo scriveva profeticamente » è iniziato il tempo del dopo. Si presenta come un deserto di cui non si intravede la fine ». Molti hanno cominciato l'attraversamento del deserto dalla piazza di Trieste che ha rappresentato il ground zero della rappresentanza, il monumento ai caduti di ogni idea di democrazia e di sovranità, il popolo del deserto va per la sua strada perchè niente e nulla lo rappresenta, gli assi terrestri si sono spostati per cui in questa allucinazione continua viene meno anche il ragionamento critico, il Potere provoca con strutture artificiali che tendono a confondere i più deboli e i più ingenui e dissemina di trappole allucinatorie la strada.

Nel deserto riecheggiano le parole del salmo: “ è meglio rifugiarsi nel Signore che confidare nei potenti” (Sal 117,8-9).

Franco Berardi racconta di quando andò per una conferenza a Bucarest e visitò il palazzo di Ceausescu, rimase colpito da una grande scritta su una parete del palazzo «  No Hope » .

Viviamo e continueremo a vivere tutti nel palazzo di Ceausescu se non ci mettiamo in cammino. In questo tempo senza speranza. Una speranza mista ad angoscia.

Dream baby dream.

Articolo uscito su Affiches del mese di maggio 2024