Foto di ML
Desolate terre del mio cuore.
L'incessante e assordante
frastuono delle cicale fa da bordone al rumore dei nostri passi.
I cenni di saluto degli anziani che vanno verso casa con
movenze stanche rappresentano le rimanenti difese di una memoria rasa. Sui loro
volti i segni di vite di paese.
Muri scrostati ed infissi divelti dall'incuria dell'uomo e
dall'inevitabile trascorrere del tempo
tenuti insieme da catene e catenacci quasi a voler salvaguardare nonostante
tutto segni di un abitare passato.
Mi sembra di vederlo, ora, mentre scende la 'mpitrata con fare
disinvolto e leggero, le mani nelle tasche dell'impermeabile svolazzante ed il
sorriso ingenuo di chi torna a casa. Sguardo diritto davanti a se.
" o tu che passi per
questa via, alza gli occhi e saluta Maria "
Chissà quante volte avrà percorso in discesa e salita
quell'acciottolato che i piedi sapevano dove posarsi senza timore di
incespicare e cadere.
A metà strada, sulla destra c'era la casa della sorella
prediletta che si annunciava già all'inizio della discesa dall'intenso odore
dei gelsomini che spuntavano in alto dal muro del cortile, quasi all'entrata
del cancello. Era la sua unica fermata.
Desolata terra del mio cuore.
Borgo concettuale di contenuti fantasma popolato da una comunità
che senza farlo a vedere non si fida. La piazza ne sopporta ancora i boriosi
passi, stanca e vogliosa di sprofondare per mettere fine alla commedia.
Occhi che si scrutano in silenzio e lingue mute.
Finalmente incurante di una ormai disinteressata identità mi
travolge un ineluttabile senso di abbandono che preclude l'oblio.