In questo ultimo anno vissuto come la maggior parte degli italiani in isolamento, privato degli sguardi e dei sorrisi degli altri, confinato in casa, ho trovato come compagna quotidiana la musica
Musica ascoltata, sospirata, suonata. Necessaria, che ha mitigato il disagio e lo spaesamento di vivere tale situazione. Ancora una volta la valenza salvifica della musica mi è venuta incontro. E cosa c'è di più libero della musica, la musica fluttua nell'aria, nell'etere, la senti ovunque, nel traffico delle città, nei vicoli dei paesi, la senti ovunque a meno che non ci si tappi le orecchie con le mani. Tutto è musica, muzak, mi vengono in mente i primi esperimenti di Battiato quando faceva collages sonori, mischiando Stockausen, frequenze di radio lontane su onde medie e la canzone italiana. Il compositore canadese Raymond M. Schafer ha creato per primo la parola soundscape, paesaggio sonoro, inteso come “ qualsiasi campo di studio acustico, una composizione musicale, un programma radio o un ambiente”. Molti musicisti e sperimentatori contemporanei utilizzano frammenti di paesaggi sonori nelle loro composizioni. Avete mai provato a registrare i suoni ambientali del luogo in cui vivete? L'impronta sonora di un'area? Un quartiere, una piazza, i vicoli, la campagna? Può essere divertente e creativo, naturalmente bisogna munirsi di un buon registratore con un microfono omnidirezionale affinché il risultato sia soddisfacente. E' musica che trae la propria origine dallo spirito dei luoghi, dai suoni e dai rumori, dal vento che si insinua tra stradine e vicoli. Escursioni ai confini della creatività. E' un mondo che si è aperto e finalmente almeno in questo campo abbiamo a disposizione, anche noi, i mezzi di produzione e i media per ampliare il nostro orizzonte.
Software, plug in, schede audio possono ricreare sul nostro computer un vero studio di registrazione. Logic, Ableton, Max5/msp, Pro Tools sono solo alcuni dei software più utilizzati per creare e produrre la propria musica. Con un PC/Mac ed i più svariati strumenti musicali, chitarre, tastiere, percussioni varie, armonium, pezzi di metallo amplificati, piano toys , fisarmoniche e altro si può dare libero sfogo alla propria creatività. Esistono etichette indipendenti che stampano e masterizzano sui computers di casa. Home recording. Esistono web-label che fungono da catalizzatori. Rifugiati del rock e sperimentatori, randagi e stanziali per costrizione trovano approdi dove rigenerarsi. Le notizie circolano in rete. La cosa importante è una sorta di condivisione nel far conoscere la propria musica senza abboccare al culto della personalità creata artificiosamente dalle major discografiche, che creano con azioni di marketing cantanti, gruppi musicali, bands come fantocci destinati a scomparire appena cambiano le tendenze.
Con la pandemia e
l'insensato coprifuoco ci è stata sottratta una parte considerevole
della nostra giornata, la notte. Chiusi i bar, i caffè, i locali
dove si fa musica dal vivo, i jazz club, la musica è scomparsa dal
tessuto urbano ed gli unici suoni che si sentono incutono timore e
angoscia, polizia, ambulanze. Il silenzio rischia di diventare la
nuova normalità, un silenzio così denso, quasi rumoroso, così
opprimente che disturba. Il paesaggio sonoro vuoto si collega
all'individualità e all'ansia dell'artista che esprime un impulso
quasi monastico verso il proprio spazio interiore. Quali spazi di
libertà ci sono consentiti? Si va verso una società di atomi
solitari che come satelliti vagano nello spazio sconfinato. Il buon
Lou Reed almeno cantava: Satellite’s gone up to the
skies/
Things like that drive me out of my mind/ I watched it for
a little while/ I like to watch things on TV/
Satellite of love/ satellite of love/ Satellite of love/
Una
società popolata da individui che ruotano intorno a se stessi in un
mondo senza interazioni. Bisogna recuperare il simbolismo dei riti
come propone Byung-Chul Han per connetterci con l'altro al fine di
ritrovare l'incanto perduto. La
musica ha sempre avuto un valore rituale molto importante nelle
comunità degli uomini , legandoli di volta in volta ad accadimenti
lieti o tristi o religiosi o di grande valore simbolico. Condividere
la propria musica, la propria pittura, la propria arte con quanto ci
circonda è una necessità dell'artista ma anche di chi assiste
all'evento culturale.
Facciamo in modo che le cose accadano.
Tanti spazi interiori che si uniscono in un unico grande spazio liberato e temporaneamente autonomo, in un happening di suoni, luci e colori.
“Quelli che ballavano erano visti come pazzi da quelli che non sentivano la musica” F. Nietzsche
Articolo apparso sul numero di giugno di Affiches, rivista edita da Radio Vulture.