Marc Behrens, ovvero il suono liberato
che si riappropria dello spazio e lo riempie, il suono per sua
definizione semantica è libero di fluire assumendo modi e forme
secondo il contesto e sta nella creatività di una genìa di nuovi
musicisti plasmarlo e dargli un nuovo linguaggio che modifica la
percezione che abbiamo di esso.
Marc Behrens è uno di questi,
appartiene al Regno di Elgaland-Vargaland, creato da due musicisti
svedesi, Leif Elggren e CM von Hausswolff, che hanno ipotizzato un
regno il cui territorio è costituito da linee di confine, “
territori accessibili a coloro che posseggono gli strumenti
necessari...” dove il suono può aprirsi a spazi immaginari. Il
suo intervento ha chiuso l'edizione di Archiaro 2014, il 5 luglio.
Una performance molto intensa e fisica
dove le frequenze, i rumori, le voci ed i suoni manipolati in tempo
reale con l'uso di software hanno rappresentato un prolungamento
proteiforme ed espanso delle percezioni e delle emozioni
dell'artista. Come in un anfiteatro, disposti in circolo intorno alla
figura della per/sona-musicista
munita di computer e microfoni ambientali, circondati da casse
acustiche gli spettatori si sono trovati al centro di un microcosmo,
portati a condividere suoni come clangori, ronzii o drones
immersi nelle proprie visioni.
Visioni e suoni, nuove forme espressive che concorrono a diffondere
nuove esperienze di percezione. La possibilità di immaginare e
lavorare l'onda sonora ampliandone lo spettro, l'utilizzo del
computer e dei software ha cambiato radicalmente il modo di pensare
il suono. Marc Behrens come un pilota ha guidato i presenti in un
viaggio immaginifico verso zone di flusso fisico e mentale.
Archiaro ancora una
volta propone punti di riflessione a quanti vogliono ampliare il
proprio universo percettivo e creativo a tutti i livelli e
l'importanza del prestare ascolto a tutte le musiche e i suoni
possibili è stata mostrata da quanti hanno inteso partecipare.
Le
parole che usa Moreno Miorelli a proposito della Stazione
di Topolò si adattano a quanto
accade ogni anno ad Archiaro: “ … la singolarità
culturale del luogo, la sua evidente bellezza naturalistica, i tempi
dettati da ritmi diversi da quelli cui siamo abituati, le
contraddizioni stesse ne fanno un vero e proprio scrigno dove artisti
e non-artisti mossi dalla curiosità, dall'inquietudine, dall'idea di
un'arte come servizio, dalla voglia di ascoltare più che dalla
smania di esporre il proprio ego, possano trovare un terreno di
straordinaria fertilità dove dare e ricevere. A Topolò non si
espone nulla, né installazioni, né dipinti, né fotografie. I
progetti devono nascere da un rapporto con il luogo, devono avere un
senso, diretto o indiretto. Topolò non è il fondale ma il motore di
ciò che accade.” E' questo il
filo diretto che lega Archiaro a Topolò pur con le dovute e naturali
differenze ed il lavoro di Tommaso Cosco nel portare avanti l'idea ed
il progetto attinge alle proprie intuizioni e passioni ed alla sua estrema
capacità di immaginare verità con intelligenza e sensibilità.
foto da www.archiaro.it