martedì 24 giugno 2014

Il senso di Archiaro





Senza alcuna retorica e astrazione possibile, alla ricerca della qualità perduta, per ridiventare ricchi con le piccole cose, lontani da logiche di mercato e di opportunismo, gli archiaronauti, giù per il sentiero o distesi sui prati, condividono un modo e sensazioni che sarebbero altrimenti impossibili in luoghi dove ci si muove velocemente. Dialogare con l'universo richiede la capacità di mettere da parte il proprio ego ed abbandonarsi ad un flusso che non ha né inizio e né fine ma solo contenuto e spessore, un flusso che si propaga e viene percepito con tutto il proprio essere. L'acustica di Tommaso. Le riflessioni sul suo naturale posto delle fragole. L'architettura e l'idea che pazientemente porta avanti irradia e trasmette su frequenze generate da onde di pressione del suo inevitabile atto d'amore.
L'arte non è un semplice atteggiamento, prova ne è il progetto di Marialuisa nelle sue “ Cartoline da Archiaro” in un allestimento site specific. Il suo lavoro nell'uso del tratto e dei segni dei suoi colori si sta evolvendo verso un mondo senza confini, un campo aperto dove sperimentare e confrontarsi, lontano dagli steccati e dalle frontiere emotive delle sue prime creazioni.
Ad Archiaro non c'è l'assillo dell'evento, dell'esibizione, il fatto di esserci vuol dire che si è già pronti. Non è semplice poiché bisogna denudarsi delle proprie infrastrutture mentali e lasciarsi andare assecondando la propria creatività ed il proprio spirito. Gianfranco Candeliere, chitarra, electronic e laptop, ha tenuto un set alternando drones e fields recording a textures dove la chitarra cercava armonie possibili, tra Philip Jeck e Connie Veit con derive coiliane. Un finale dove ha suonato in un unicum The change we need, Ester e Alice. Domenico Canino, casio, loops e delays, ha avuto la capacità e la bravura di accordarsi, alternando l'elettronica pura dei corrieri clusteriani ad una sorta di minimalismo che ha ricordato Terry Riley ed i suoi dervisci, rintocchi di note basinskiane galleggiavano nella notte. I due hanno chiuso con una session ed è stata subito Kosmische musik.
Una quinta naturale avvolgeva i presenti, un cielo ancora arrossato all'orizzonte dove il giorno tardava a cedere il posto alla notte disegnava i contorni delle buie colline oltre Taverna e Albi. In lontananza, lungo i tornanti che si inerpicano, come lucciole apparivano e scomparivano torce di dei che li percorrono.
Alzando gli occhi nella notte stellata del solstizio d'estate, il tempo restava sospeso.