sabato 3 agosto 2013

Rooms Delayed


  
Due sono i musicisti i cui lavori sto ascoltando costantemente ma è la musica di Rooms Delayed che è diventata una mia buona compagna di viaggio attraverso questa mia estate del nostro scontento. Rooms Delayed, appunto, e Stephan Mathieu, di cui ho parlato brevemente in un precedente post. Tutti e due hanno qualcosa che me li fa amare e che me li accomuna, mi sembra che l'uno sia una prosecuzione dell'altro, ma è senz'altro in me il minimo comune denominatore tra i due. Il razzo di Mathieu è caduto nello spazio interiore di Rooms Delayed, ha spento i motori, ma invece di schiantarsi al suolo sembra planare, guardandosi intorno, indeciso su quale luna atterrare, fino a che non si accorge delle galassie create da so i can feel through the trees. Sento per Rooms Delayed una affinità estetica inspiegabile vista la differenza di età ed un medesimo approccio sonoro ma Vincenzo Nazzaro disegna traiettorie libere da costrizioni, puntando senza paura e senza timore di mostrarsi verso regioni profonde popolate da ricercatori pronti a comporre la propria cartografia emozionale. Si presenta come un viaggiatore solitario armato solo della propria bussola interiore e non ha necessità di inseguire superflui tecnicismi o momentanee scene per accreditarsi. Suoni della tradizione e della memoria che Rooms Delayed manipola fino a renderli fluidi e senza confini, arte che da soggettiva diventa oggettiva poiché da tutti compresa. I suoni che usa sembrano ricomporre un linguaggio antico necessario per mettere insieme pezzi sparsi del proprio divenire, suoni fatti per una danza leggiadra e soave, mossa da una leggera malinconia per un tempo ancestrale che si rivela appena. Musiche per stanze dove le dimensioni variano in base alla sensibilità dell'ascoltatore. Musiche come strumento di percezione verso una visione interiore.