lunedì 12 settembre 2011

Snowbirds



Foto di ML


Snowbirds chiamano da queste parti quelli che emigrano al sud prima della stagione fredda. Uccelli di neve che percorrono miglia e miglia d’amore.
L’isolamento del luogo in cui mi trovo non è più solo geografico ma soprattutto mentale e culturale e da questa finisterrae dove si ascoltano radio turche e greche posso partire verso rotte immaginarie.
La luce e il fragore della natura riempiono il vuoto d’orizzonte di un presente ripudiato, soffocato da gratificazioni consumistiche e competizioni individuali.
La mia generazione poteva permettersi tutta la forza e la poesia necessarie perché non sentiva il futuro, libero, aperto davanti. Solo la leggerezza ci può aiutare a spiegare perché non è riuscita a sviluppare una sua cultura.
Nego l’accesso del mio cuore al ventre che mi ha generato, nascosto nel mezzo di un labirinto in cui vagare sperduto, con quel tanto di indifferenza che porta ad usare l’altro, smarrita ormai la strada. Non c’è disperazione persa ormai la speranza, nell’impossibilità di essere.
Sogni logorati dall’età ed infranti. Sogni della mia gioventù rimpiazzati dalla finta gioia diffusa da spot televisivi, sogni rappresentati da sarti alla moda e star dello spettacolo, sogni calpestati da quanti li hanno condivisi.
Il desiderio rivela l’uomo e diventa insaziabile generato dalla comodità violenta. L’agio e il compiacimento di se stessi diventano una sosta permanente dove trovare un ideale a buon mercato a cui aderire a lungo termine.
Obbligati a compiere gesti irreparabili, come animali d’istinto in situazioni inaspettate, verso accomodamenti di attività comandate.
Non c’è tempo per la paura.
Visioni differenti ora ci dividono e allontanano. E’ tutto un mistero e la situazione mai così confusa.
E’ paradossale ma il componimento tragico arriva sempre quando ritorna una apparente pace. Si noti la sottile e sotterranea schizofrenia.
Non posso cambiare.
I miei custodi sono due ex inquisitori benedettini, verranno al mio funerale carichi di malinconia.